mercoledì 9 dicembre 2015

Impugnazione cartella Equitalia senza notifica dell’atto presupposto

In caso di impugnazione della cartella di pagamento per omessa notifica dell’atto presupposto spetta ad Equitalia citare in giudizio l’ente titolare del credito. È quanto chiarito dalla Commissione Tributaria di Enna con una recente sentenza [1].

Se il contribuente impugna la cartella di pagamento notificatagli da Equitalia deducendo di non aver mai ricevuto, prima d’allora, alcun atto da parte dell’ente titolare del credito (cosiddetto atto presupposto) – quello cioè contenente il vero e proprio accertamento con l’obbligo al pagamento – allora potrà limitarsi a presentare ricorso contro l’Agente della riscossione. Secondo infatti la sentenza in commento, che a riguardo si è uniformata a un principio di diritto di unanime giurisprudenza della Cassazione, nelle ipotesi in cui venga impugnato un atto proprio di Equitalia facendo valere anche vizi relativi all’attività dell’ente impositore cui l’atto impugnato si collega, ricade sull’Agente della riscossione, e non sul contribuente, l’onere di chiamare in giudizio l’ente impositore [2].
Il risultato pratico è che, se Equitalia si costituisce senza chiamare in causa l’ente impositore titolare del credito (ritenendo che a farlo debba essere il ricorrente), e nello stesso tempo non dimostra la regolare notifica dell’atto presupposto – cosa pressoché impossibile, posto che le relative prove sono in possesso proprio dell’ente impositore – allora il giudice emetterà una sentenza in favore del contribuente. Non spetta, infatti, neanche al tribunale disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio e ordinare la citazione nei confronti dell’ente titolare del credito. Pertanto, tutte le conseguenze negative del giudizio ricadranno su Equitalia e su nessun altro.
In sintesi, l’esito della causa non può che essere sfavorevole a Equitalia poiché, in assenza di dimostrazione della corretta notifica dell’atto presupposto, la cartella di pagamento non può che essere ritenuta nulla.
[1] CTP Enna, sent. n. 1318/2015 del 23.10.2015.
[2] Cass. S.U. sent. n. 16412 del 25.07.2007: “La legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e no già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario”; Cass. sent. n. 21220 del 28.11.2012: “nel processo tributaria il fatto che il contribuente abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo nei cui confronti dirigere l’impugnazione, non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio”.


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