lunedì 28 dicembre 2015

Equitalia: le cartelle si conservano per 10 anni!


Per il Consiglio di Stato il termine quinquennale stabilito dalla legge è un obbligo minimo di conservazione e non un termine massimo


Equitalia è tenuta a conservare le cartelle di pagamento per il periodo decennale di prescrizione ordinaria, in quanto il termine quinquennale stabilito dalla legge rappresenta un "mero obbligo minimo di conservazione" e non un termine massimo. 

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 5410/2015 (qui sotto allegata) con cui la quarta sezione ha accolto il ricorso di una società di servizi. 
La ricorrente aveva chiesto al concessionario l'esibizione delle cartelle di pagamento dalle quali risultava a pendenza di pretese erariali a suo carico, onde poter verificare la legittimità della pretesa. 

La richiesta veniva accolta da Equitalia solo per una porzione delle cartelle, ritenendo che per altre fosse decorso il periodo quinquennale nel quale la società era obbligata a conservare gli atti ai sensi dell’ art. 26 co. 4 del D.P.R. 602/1973 non avendo l’amministrazione più l’obbligo di conservazione, stante il venir meno a questi fini della loro rilevanza amministrativa. 

La società contribuente, ha tuttavia osservato che la pretesa erariale si prescrive nel termine di dieci anni, periodo nel quale la pretesa può essere portata ad esecuzione, con conseguente obbligo di conservazione degli atti presupposti, tra i quali la cartella di pagamento.
In ogni caso, osserva la ricorrente, "l’obbligo di conservazione quinquennale delle cartelle sarebbe un termine minimo che non escluderebbe in alcun modo gli effetti del termine decennale di prescrizione ordinaria, dovendo la Concessionaria conservare le cartelle di pagamento per il periodo decennale di prescrizione".

La pretesa merita accoglimento secondo i giudici di Palazzo Spada: infatti, come da costante giurisprudenza, "il contribuente vanta un interesse concreto ed attuale all'ostensione di tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva".
Inoltre “l’accesso ai documenti non può essere soddisfatto dall'esibizione di un documento che l’amministrazione e non il privato ricorrente giudica equipollente. Elemento fondamentale dell’actio ad exhibendum è laconformità del documento esibito dal privato all'originale

I giudici evidenziano che costituisce "precipuo interesse dell’esattore, nonché preciso onere improntato alla diligenza, conservare, in caso di mancata riscossione dei tributi nel quinquennio e in occasione di rapporti giuridici ancora aperti e non definiti, la copia della cartella oltre i cinque anni, per tutto il periodo in cui il credito portato ad esecuzione non sia stato recuperato, in modo da conservarne prova documentale ostensibile, anche a richiesta dei soggetti legittimati, nelle varie fasi di definizione del rapporto, onde poter compiutamente esercitare le prerogative esattoriali".

Per tali ragioni Equitalia ha l'obbligo di conservare gli atti relativi alle pretese esattoriali, tra i quali assume rilievo principale la cartella di pagamento, ai fini dell'esibizione su richiesta del contribuente che, solo in tal modo, non essendo trascorso il periodo decennale di prescrizione, potrà esercitare gli strumenti di tutela messi a disposizione dall’ordinamento

Il Consiglio di Stato, quindi, accoglie la domanda e ordina a Equitalia di consentire l’accesso agli atti richiesti. 
Consiglio di Stato, sent. 5410/2015 


Decreto milleproroghe 2016, il testo approvato dal governo

Tra le irrinunciabili tradizioni del Natale, da oltre vent'anni a questa parte, c'è l'appuntamento col “Milleproroghe”, normalmente licenziato dall'ultimo consiglio dei ministri dell'anno. Puntualmente è arrivato il 23 di dicembre. Sua caratteristica peculiare è il rinvio, di scadenze e provvedimenti. Normalmente al 31 dicembre dell'anno successivo, ma non sempre. Vediamo tutte le novità del testo.

Equitalia, riscossione enti locali

È prorogata di sei mesi, per esempio, a fine giugno 2016, la possibilità per gli enti locali di far ricorso a Equitalia per il servizio di riscossione dei tributi di competenza. Ma questo è uno di quei rinvii ai quali, normalmente, ne succede un altro: la tanto discussa agenzia, infatti, avrebbe dovuto cessare l'attività per conto degli enti locali, che avrebbero dovuto ricominciare a effettuare tali operazioni per proprio conto, il primo gennaio 2012. Ma è ancora pienamente operativa ed è legittimo il dubbio che tutti i Comuni riescano ad attrezzarsi fra sei mesi, in modo da rendere superflua un'ulteriore proroga.

Proroga consigli di amministrazione

Relativa a tutte le pubbliche amministrazioni è la proroga, a tutto l'anno prossimo, del tetto, fissato nel 2010, per compensi, gettoni e indennità, compresi quelli relativi a consigli di amministrazione, organi di indirizzo o controllo e autorità indipendenti. Prorogato di dodici mesi anche il termine per le assunzioni di personale a tempo indeterminato relative alle cessazioni verificatesi negli ultimi anni, nel rispetto dei vincoli previsti dal turn over, da parte delle amministrazioni dello Stato, agenzie, enti pubblici non economici ed enti pubblici previsti dall’articolo 70 del decreto legislativo 165/2001. La misura vale anche peri  corpi di polizia, dei vigili del fuoco, le Università statali e degli enti di ricerca, con i limiti di spesa previsti.

Sistri proroga

Altra proroga di un anno è quella del contratto Sistri (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) tra il ministero dell’Ambiente e la Selex Se-Ma, per garantire la prosecuzione del servizio di controllo. Slitta al primo gennaio 2017 il termine per l’applicazione dei limiti di emissione agli impianti industriali, per consentire l’aggiornamento dell’autorizzazione.
Rinvio di sei mesi per la firma digitale per la sottoscrizione degli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti, con relativa sperimentazione del processo telematico.

Attività consulente finanziario

Dovrebbe essere davvero l'ultima la proroga per l'attività dei consulenti finanziari. Attualmente l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi di investimento “è riservato alle imprese di investimento e alle banche”, secondo la normativa vigente. In deroga, possono continuare a prestare attività di consulenza in materia di investimenti, coloro che svolgevano tale servizio alla data del 31 ottobre 2007, purché  “senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti”. Ma la Legge di stabilità 2016 prevede l'istituzione dell'Albo unico dei consulenti, la cui attuazione dovrebbe essere realizzata entro l'anno.
Numerosi sono gli altri rinvii decisi dal consiglio dei ministri del 23 dicembre, dal termine per utilizzare i fondi dell'edilizia scolastica alla pubblicazione telematica dei bandi di gara, dalla revisione della filiera distributiva dei farmaci al contratto (scaduto nel 2014) con Rete ferroviaria italiana. Tra quelli che faranno più discutere, quello per la nuova disciplina sull'esercizio dell'attività di taxi e noleggi con conducente. Categoria sul piede di guerra per la concorrenza, ritenuta sleale, di Uber.

Cartelle pazze, a Boscoreale animi infuocati: botta e risposta a suon di manifesti


Stasera consiglio comunale dai toni forti. L’opposizione chiama a raccolta i cittadini. Ai voti sgravi e contribuiti “risarcitori” per i contribuenti


Animi politici tesi a Boscoreale. La questione “cartelle pazze” sulla tassa per la gestione dei rifiuti solidi urbani tiene vivo il dibattito politico nella cittadina vesuviana. L’intero paese è, infatti, tappezzato di manifesti con i quali gli schieramenti politici si rinfacciano le responsabilità sulla questione. Dapprima, il sindaco Balzano, nel testo del documento, ha definito false le istanze mosse dall’opposizione. Poi, è arrivata prontamente la risposta dell’opposizione, la quale ha spiegato la sua verità ed ha invitato a raccolta i cittadini nel consiglio comunale di questa sera, che si preannuncia, date le premesse, davvero infuocato.
MANIFESTO DELLA MAGGIORANZA. Nell’evidenziare che i consiglieri di opposizione non perdono occasione per screditare l’operato dell’amministrazione, Balzano accusa i nemici politici del fatto che, in realtà, nel regolamento comunale del 2007, erano già previste le dipendenze/pertinenze ai fini della tassazione. Non vi sarebbe, quindi, alcun dubbio interpretativo. Il sindaco, sottolineando la mancata applicazione di quel regolamento, punta il dito contro l’amministrazione precedente, la quale avrebbe dovuto provvedere, oltre alla presunta dubbia interpretazione, anche alla modifica del regolamento vigente. “L’amministrazione Balzano – conclude il sindaco nel manifesto –sta verificando la situazione con la dovuta cautela al fine di non creare facili illusioni e di evitare ai contribuenti il pagamento di sanzioni ed interessi”.
RISPOSTA DELL’OPPOSIZIONE. La verità è un’altra per l’opposizione. “Il sindaco Balzano – si legge nel manifesto – pur essendo a conoscenza della problematica, avendo stipulato accordi con Equitalia fin da marzo di quest’anno,nulla ha fatto per cercare di fronteggiare il problema”. I consiglieri di minoranza ritengono essere chiare le ragioni di questo comportamento. “In ballo ci sono più di 1 milione e 800 mila euro – recita il manifesto – che, ad un’amministrazione incapace come quella che ci sta governando, fanno gola eccome”. La strategia della maggioranza sarebbe, a loro giudizio, quella di far trascorrere i 60 giorni previsti dalla legge per opporsi senza prendere alcun provvedimento, così che i cittadini saranno costretti a pagare. Ritenendo profondamente ingiusta l’intera vicenda, i consiglieri di opposizione hanno formulato una proposta, che sarà messa a votazione in consiglio, volta a restituire ai contribuenti le somme pagate tramite sgravi o contributi.


martedì 22 dicembre 2015

Fermo auto Equitalia nullo se la notifica della cartella è tardiva 

È illegittimo il fermo amministrativodell’automobile se la notifica della cartella di pagamento di Equitalia è tardiva. A chiarirlo è la sesta sezione civile della Cassazione [1] di questa mattina.
L’ordinanza è l’occasione per ricordare, ancora una volta, i termini entro cui le cartelle di Equitalia devono essere notificate.

Irpef dovuta a seguito dei controlli automatici della dichiarazione dei redditi: entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (o a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine di versamento delle somme scade oltre il 31 dicembre).

Irpef dovuta a seguito del controllo formale della dichiarazione dei redditi: entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Irpef dovuta a seguito di accertamento definitivo: entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.

Imposte locali (per esempio l’imposta sui rifiuti, Imu, Tasi): entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo; in mancanza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello nel quale è stata presentata la dichiarazione relativa a Imu, Tasi, Tares/Tari o a quello per il quale l’imposta è dovuta.

Bollo auto: entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è diventato definitivo.

Imposta di registro: entro 10 anni da quando è stato accertato il mancato pagamento dell’imposta.

Multe: entro 5 anni da quando è stata contestata la violazione stessa.

Il fermo può essere iscritto solo dopo 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento (30 giorni se le somme sono dovute a seguito di accertamento esecutivo). Almeno 30 giorni prima del fermo, il contribuente deve essere raggiunto da un preavviso con cui lo si avverte che, in caso di omesso pagamento in detto termine, avrà luogo l’iscrizione del fermo.

[1] Cass. ord. n. 25331/15.


Equitalia: sospensione delle cartelle per Natale. Decisione storica

Anche Equitalia vestirà i panni di Babbo Natale e, scendendo dal camino di ogni abitazione di contribuente che abbia collezionato almeno unacartella di pagamento non pagata, regalerà lasospensione dell’esecutività della stessa. Una tregua alle ostilità tra fisco e contribuente, in buona sostanza, che però varrà solo tra il 24 dicembre e il 6 gennaio: in quest’arco temporale, per effetto della sospensione, non potranno essere intraprese esecuzioni forzate (pignoramenti) o misure cautelari (fermi o ipoteche). Insomma, non si toccheranno stipendi, pensioni, conti correnti, case e automobili degli italiani, per non guastare loro le feste. Faranno eccezione solo gli atti improrogabili, quelli cioè a rischio prescrizione e decadenza. E si pensa a far diventare una previsione strutturale la sospensione natalizia: quindi, non solo per quest’anno, ma anche per il futuro.

Dopo il 6 gennaio, però, anche Equitalia farà rientro dalle vacanze e tutto tornerà come prima. Anzi, scatteranno i nuovi metodi di riscossione attraverso la notifica delle cartelle esattoriali con PECnei confronti di professionisti, ditte individuali e società: per chi non controllerà giornalmente la cartella di posta elettronica certificata potranno scattare decadenze e brutte sorprese (come il circolare con l’auto su cui è stato già apposto un fermo amministrativo). Questo consentirà di semplificare la burocrazia e di diminuire la massa di atti inviati per posta. Una misura che si accompagna con le altre novità introdotte per rendere più facile rateizzare il debito con Equitalia.

La sospensione dell’esecuzione e la decisione di non recapitare notifiche dal Fisco dal 24 dicembre al 6 gennaio 2016, non ha precedenti nei dieci anni di storia della società pubblica partecipata da agenzia delle Entrate e dall’Inps.
“Equitalia vuole essere dalla parte degli italiani, non contro – ha spiegato Ruffini -. La sospensione è un atto di attenzione verso imprese e famiglie con cui stringere un nuovo Patto perché il recupero dei crediti e dell’evasione sono fondamentali, così come lo è poter avere gli italiani al proprio fianco”.

A oggi circa la metà dei debiti dei contribuenti ha utilizzato lo strumento della rateizzazione per poco più di 30 miliardi di euro di debiti. “A testimoniare – aggiunge Ruffini – che è possibile trovare soluzioni positive per tutti, e in particolare per chi ha difficoltà. Tra poche settimane sarà possibile eseguire tutte le operazioni attraverso il sito istituzionale di Equitalia, così come saranno meno complesse procedure e passaggi amministrativi. Tutto per rendere più facile dialogare con i cittadini e rendere più semplice sanare le singole posizioni”.

Quante cartelle invia ogni giorno Equitalia?
Solo nel 2014 Equitalia ha notificato circa 30 milioni di atti, di cui poco più della metà di sole cartelle. Ogni settimana, circa 300mila contribuenti ricevono una notifica dall’Agente della riscossione. Numeri impressionanti che fanno capire ancora meglio la portata dello stop deciso per il periodo festivo, in cui saranno recapitate solo alcune migliaia di atti e non i 250 mila previsti per quei giorni.


Equitalia non può inviare le cartelle di pagamento con la posta

Equitalia starebbe inviando, da anni, ai contribuenti, cartelle di pagamento con un mezzo di notifica illegittimo: la classicaraccomandata con avviso di ricevimento, infatti, non è prevista dalla legge [1] come sistema per portare a casa dei cittadini le intimazioni di pagamento. L’unico sistema concesso all’Agente per la riscossione è far ricorso agli ufficiali della riscossione. È questa la sintesi di una sentenza della Commissione Provinciale di secondo grado dell’Emilia Romagna [2], una pronuncia che irrompe a ciel sereno su una materia che sembrava ormai messa a tacere da una decisione di segno opposto della Cassazione. Risultato: la notifica della cartella è nulla e, quindi, se ormai intervenuta la prescrizione, anche lo stesso diritto alla riscossione.

Secondo la CTR emiliana, Equitalia non è abilitata alla cosiddettanotifica diretta della cartella di pagamento a mezzo posta (ossia consegna, da parte del proprio personale, all’ufficio postale e spedizione con raccomandata) in quanto gli unici soggetti che possono notificare la cartella con raccomandata a/r sono gli ufficiali della riscossione, i messi notificatori, gli agenti della polizia municipale e gli altri soggetti abilitati per legge.

La norma in commento ha subìto, per anni, da parte di numerosi giudici di merito, un’interpretazione letterale: nel testo, infatti, non si fa riferimento alle raccomandate a.r. È proprio la CTR Emilia Romagna a far rilevare come solo nella vecchia formulazione l’invio diretto della cartella a mezzo raccomandata era prevista anche “da parte dell’esattore”, ma che – a seguito dell’intervento normativo operato del 1999 [3] – questo inciso è stato eliminato.

La questione della asserita illegittimità delle notifiche a mezzo posta sembrava ormai sepolta per via di una serie di interventi dellaCassazione che, dall’anno scorso, non fa che dire il contrario [4], ossia che la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. In senso contrario, tuttavia, si era espressa anche la stessa Suprema Corte nel 2013, secondo cui la notifica va fatta con le forme degli atti giudiziari e, quindi, con le buste di colore verde [5].

La notifica tramite posta
Secondo l’orientamento prevalente della Cassazione, Equitalia può notificare la cartella anche a mezzo posta, tramite invio di raccomandata in busta chiusa con avviso di ricevimento. Si tratterebbe di una modalità semplificata di notificazione effettuabile tramite raccomandata ordinaria disciplinata dalle regole del servizio postale ordinario e non dalle più specifiche disposizioni sulla notifica per posta degli atti giudiziari. Pertanto, la busta e gli avvisi utilizzati sono di colore bianco.

Secondo parte della giurisprudenza, se il plico è consegnato al destinatario da un’agenzia privata di recapito, la notificazione si considera validamente eseguita se Equitalia si è rivolto all’Ufficio postale e l’affidamento del plico all’agenzia privata è avvenuto per autonoma determinazione da “Poste Italiane”. In senso più restrittivo, altra parte della giurisprudenza ritiene che le notifiche delle cartelle esattoriali possono avvenire con il servizio postale pubblico, ma mai con quello privato, come con un vettore o un pony express.

Il destinatario deve sottoscrivere l’avviso di ricevimento. Se rifiuta la sottoscrizione, la prova della consegna è fornita dall’operatore postale, quale incaricato di pubblico servizio.

In caso di impossibilità di consegna perché il destinatario è momentaneamente assente, il destinatario e altre persone abilitate a ricevere l’invio possono ritirarlo presso l’ufficio postale di distribuzione, entro i termini di giacenza (30 giorni).
Tuttavia, secondo una Cassazione, in ipotesi di irreperibilità relativa, le modalità di notifica devono essere rigorosamente osservate e menzionate nell’avviso di ricevimento, in quanto, dalla sola annotazione dell’Agente Postale riportata nell’avviso, non può ricavarsi l’avvenuto puntuale espletamento di tutte le prescritte formalità e la notifica non può ritenersi correttamente effettuata [6].

La Cassazione ha costantemente affermato che non è necessaria la redazione di alcuna relata di notifica e che questo è confermato per implicito dalla previsione secondo la quale Equitalia è obbligata a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione.

[1] Art. 26 del Dpr 602/73.
[2] CTR Emila Romgna, Bologna, sent. n. 2005/8/2015 del 12.102.2015.
[3] Art. 12 del Dlgs 46/1999.
[4] Cass. sent. n. 6395/2014, n. 23182/2015, n. 21558 del 22.10.2015; Cons. St. sent. n. 2570/2015.
[5] Cass. sent. n. 13278/2013.
[6] Cass. sent. n. 13278/2013.


lunedì 21 dicembre 2015


Gli interessi pretesi da Equitalia e i debiti in genere influiscono negativamente sull'umore, influenzano il carattere, sgretolano le relazioni e non cosa rara distruggono le famiglie e le aziende.

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venerdì 18 dicembre 2015

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Cartella Equitalia a un bimbo di sette anni

"Una storia davvero incredibile quella che arriva da Quarto, Napoli, dove un bambino di 7 anni ha già iniziato a familiarizzare con la parola "Equitalia". A raccontare cosa è successo mercoledì scorso è la madre del piccolo, Marianna Isaia: suonano alla porta, era il postino, doveva consegnare una raccomandata di Equitalia:
"Scese nostro figlio Gianluca di 15 anni, ma il dipendente delle Poste non rilasciò la raccomandata perché minorenne. Mise nella buca delle lettere l’avviso di giacenza - spiegano Luigi Isaia e la moglie Marianna, genitori del piccolo Emanuele destinatario della raccomandata di Equitalia - Il giorno dopo ci siamo recati all’ufficio di via D’Acquisto per ritirare il plico. Ignaro di tutto il dipendente ha iniziato l’operazione che richiedeva due firme sul modulo senza capire che il committente era il bambino. Con timidezza Emanuele, dopo avere mostrato la tesera di identità e tenuto in braccio perché non arrivava allo sportello, ha scritto il proprio nome e cognome sui fogli. E la scena ha suscitato l’ilarità dei presenti".
La notizia ha fatto in poche ore il giro di Quarto e i più fantasiosi sono andati a giocarsi i numeri: tasse, bambino, meraviglia, ognuno ha attribuito i numeri secondo la cabala. Nel frattempo i genitori hanno aperto la busta in cui era scritto che "a seguito delle risultanze dei controlli effettuati per l’anno 2011 sui soggetti che hanno goduto, per autocertificazione, dell’esenzione della quota di partecipazione alla spesa sanitaria, si è riscontrata l’insussistenza dei requisiti necessari per usufruire di tale beneficio".
Ente creditore l’Asl Napoli 2 Nord, la richiesta 257,94 euro. All’epoca Emanuele aveva solo tre anni. L’Asl spiega che "l’invio della richiesta di pagamento al bambino invece che ai genitori è frutto di un errore commesso nel 2011 da chi ha firmato l’autocertificazione - si legge nella nota -. In quel documento, infatti, il nome del bambino venne riportato anche nello spazio riservato a quello del nominativo di chi nel nucleo familiare effettuò la dichiarazione dei redditi nel 2010. L’impiegato che ricevette l’autocertificazione non poteva e né doveva controllare il contenuto della dichiarazione. Le verifiche del Ministero dell’Economia hanno poi evidenziato che quell’autocertificazione riportava un reddito inferiore a quello percepito dalla famiglia. Perciò un anno fa l’Asl, attraverso Equitalia, aveva inviato una prima richiesta di pagamento dei ticket non pagati alla persona che aveva compilato l’autocertificazione. A novembre, invece, a causa del mancato pagamento, la stessa comunicazione è stata inviata anche a colui che aveva fatto la dichiarazione dei redditi nella famiglia del bambino. Su quel nominativo non viene fatto un controllo di età perché è implicito che chi fa la dichiarazione dei redditi è maggiorenne".


giovedì 17 dicembre 2015

Napoli, Tarsu e multe prescritte: Equitalia presenta il conto

Migliaia di cartelle Equitalia sono pervenute, negli ultimi giorni, nelle cassette postali dei contribuenti napoletani. In qualche caso, si tratta di avvisi di pagamento per debiti già estinti o - più spesso - caduti in prescrizione. Ma il dato più sorprendente è che in molte delle comunicazioni recapitate dalla società di riscossione ai morosi - o presunti tali - è contenuto una sorta di breve riassunto di tutta la loro triste vita da contribuenti.

«Si tratta di cartelle - tuona il legale Angelo Pisani, dell'associazione Noiconsumatori - che riportano tutti i tributi, pure se già pagati o prescritti, nell'arco di dieci o anche venti anni. Si va dalla Tarsu alle multe, dai contributi Irpef al bollo auto fino alle tasse sulla casa. Viene intimato ai cittadini di pagare entro cinque giorni. Tutto questo accade sotto Natale, con le ben note difficoltà economiche che caratterizzano tante famiglie. E, spesso, le cifre da pagare sono altissime».

Tra gli esempi citati da Pisani, quello di un cittadino residente nella periferia nord di Napoli, che ha ricevuto ieri un avviso relativo a sette cartelle, per versamenti non effettuati tra il 2004 e il 2008. Ma le cartelle per quei debiti col fisco non erano state mai notificate e nel frattempo - secondo il legale - è scattata la prescrizione. Il totale della nuova cartella supera i 13mila euro. Oppure il caso di un automobilista, cui è pervenuta la notifica di pagamento per 10 contravvenzioni ricevute nel lontano 2005. Lo spettro del pignoramento aleggia su alcuni di questi contribuenti. «Per evitare l'esecuzione forzata tanti cittadini - riprende Pisani - sono costretti a rateizzare. Oppure a spendere centinaia di euro di contributi unificati per potersi difendere». Una moratoria almeno fino a metà gennaio di tutti i debiti delle famiglie e delle piccole imprese è la richiesta che l'associazione ha inoltrato in una missiva al premier Renzi e al Ministro dell'Economia.

«Un decreto Salva- italiani - si legge nella lettera - è ben più urgente di quello Salva-banche per evitare il sacrificio di altre vite umane». Ammonta a 432 milioni di euro il totale delle cifre riscosse a Napoli e provincia nel 2014. La via Crucis sembra destinata a continuare. Dal Comune partenopeo stanno per essere inoltrati alla società gli avvisi di pagamento relativi all'omesso - o insufficiente - versamento della Tares 2013. Le prime 5mila lettere partiranno prima di Natale. Moltissime altre a gennaio. Il servizio è affidato a Equitalia, mentre la prevista internalizzazione della riscossione, entro fine anno, non è ancora iniziata. «Partiremo con una conferenza stampa il 4 gennaio», annuncia l'assessore al Bilancio Salvatore Palma. Per la Tares di due anni fa, comunque, si prevedono migliaia di cartelle. Il rischio è che vengano recapitate anche a qualcuno che ha già pagato il tributo, per i frequenti errori del passato. Al Comune incrociano le dita.


giovedì 10 dicembre 2015

Accertamenti fiscali a sorpresa e senza garanzie


Contribuenti senza più garanzie: da oggi si potrà ricevere un accertamento fiscale senza previo avviso e, quindi, senza la possibilità di difendersi anticipatamente con quello che è sempre stato ritenuto un momento essenziale del diritto di difesa, il cosiddetto contraddittorio preventivo. 


Con una sentenza che ha lasciato interdetti molti operatori del diritto, le Sezioni Unite della Cassazione hanno fatto uscire di scena il contraddittorio in via amministrativa, fino a ieri ritenuto obbligatorio e condizione di validità dell’intera procedura di accertamento. Il confronto preventivo resta necessario solo per i tributi europei: in tutti gli altri casi, l’amministrazione finanziaria può procedere direttamente senza prima avvisare il contribuente.
Secondo la sentenza delle Sezioni Unite depositata ieri non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato per l’amministrazione finanziaria (e, segnatamente, per l’Agenzia delle Entrate) di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, salvo non sia espressamente previsto per legge. Si tratta, infatti, di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi di matrice europea. Tuttavia, anche per questa ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento, occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe concretamente potuto produrre elementi difensivi.
La conseguenza è che il contribuente, per gli accertamenti fatti “a tavolino”, senza cioè una ispezione della Guardia di Finanza, non sarà più oggetto di quelle garanzie ritenute invece sino ad oggi operanti. Il riferimento è soprattutto a Irap e Ires. In questi casi non è più necessaria la consegna del verbale al cittadino né il rispetto dei sessanta giorni dall’ispezione per emettere l’atto quando il provvedimento dell’ufficio è stato spiccato sulla base non di un accesso della Guardia di finanza, ma sulla base di notizie reperite da terzi. Diverso è il caso dell’Iva (che ha natura comunitaria) dove l’accertamento può essere annullato purché in giudizio il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa.
Resta confermato che la garanzia prevista dallo Statuto del Contribuente [2], secondo il quale l’accertamento non può essere emesso prima che siano decorsi 60 giorni dalla consegna del Pvc, è riferita solo alle ipotesi di provvedimenti conseguenti a verifiche eseguite presso la sede del contribuente. Ciò perché attraverso l’accesso vi è l’intromissione dell’amministrazione dei luoghi di pertinenza del contribuente alla ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli. Il contraddittorio rappresenta così la tutela per chiarire gli elementi acquisiti presso i locali.
Il diritto al contraddittorio preventivo permane laddove espressamente previsto dalla legge e cioè:
– accertamenti emessi in seguito a una verifica presso la sede del contribuente [2];
– accertamenti standardizzati (parametri) [3];
– liquidazioni delle imposte in base alla dichiarazione [4];
– liquidazione derivante dal controllo formale [5];
– accertamenti sintetici [6];
– recuperi a tassazione di deduzioni di costi relativi a operazioni intercorse con imprese con sede in Paesi black list [7];
– tutti gli accertamenti sull’abuso del diritto in generale anche se non espressamente richiamato [8];
– delle pretese in materia doganale [9].
Secondo la decisione quindi per tali provvedimenti vige l’obbligo per l’amministrazione di convocare preventivamente il contribuente, prima cioè di emettere l’atto impositivo.
Il chiarimento appare particolarmente importante poiché gli uffici, salvo espresse e ben chiare previsioni normative, raramente riconoscono tale diritto.

LA SENTENZA

LA MASSIMA
Non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato per l’amministrazione di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, salvo non sia previsto per legge. Si tratta, infatti, di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi armonizzati. Tuttavia, anche in questa ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento, occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe potuto produrre elementi difensivi.
[1] Cass. S.U. sent. n. 24823 del 9.12.2015.
[2] Art. 12 co. 7 St. Contribuente.
[3] Il contraddittorio è previsto dagli artt. 3, comma 185 della legge 549/1995 e 10, comma 3 bis della legge 146/1998.
[4] Il contraddittorio è previsto dagli artt. 36 bis comma 3 , Dpr 600/72 e 54 bis comma 3, Dpr. 633/73 nonché art. 6, comma 5 dello Statuto del contribuente.
[5] Previsto dall’art. 36 ter, Dpr 600/73.
[6] Secondo le previsioni contenute nel modificato art. 38, Dpr 600/73.
[7] Co. 11 articolo 110 del Tuir.
[8] Art. 10 bis dello Statuto del contribuente.
[9] Art. 11 co. 4 bis d.lgs. n. 374/90.


Notifiche Equitalia: addio deposito in Comune, ora in Camera di Commercio


Finisce l’era del deposito delle cartelle esattoriali di Equitalia presso la Casa Comunale tutte le volte in cui il messo notificatore non trovava il destinatario presso la sua residenza o questi risultava irreperibile: con il nuovo sistema di notifica delle cartelle per posta elettronica certificata, che diventerà obbligatorio ed esclusivo, a partire dal prossimo 1° giugno, per imprese, società e professionisti, cambiano tutte le regole.

Innanzitutto non si porranno mai più problemi di irreperibilità o di assenza temporanea del destinatario in quanto la casella di posta elettronica dovrà essere sempre attivata per legge. Gli indirizzi PEC – comunicati alla Camera di Commercio all’atto della costituzione dell’attività o al proprio ordine professionale – saranno (così come già sono da tempo) inseriti nel registro Ini-Pec (Indice Nazionale degli indirizzi di Posta elettronica certificata). La casella email, dunque, sarà sempre “reperibile” attraverso la consultazione, da parte Equitalia, di tale elenco speciale.
Non ci saranno più scuse per facili impugnazione su difetti di notifica, postini compiacenti o distratti, consegne a soggetti estranei al nucleo familiare e tutta quella micro-galassia di vizi ed eccezioni relative a relate di notifica, timbri, incompletezza delle informazioni apposte dal messo notificatore o dal postino sull’originale dell’atto o sull’avviso di ricevimento. Difatti, la casella di posta elettronica dovrà essere costantemente “scaricata” dal proprio titolare di modo da lasciare lo spazio necessario per eventuali notifiche da parte di Equitalia.
Per chi tenterà di fare il furbo, fornendo un indirizzo di posta elettronica non valido o non più attivo, non ci sarà – come ai vecchi tempi – il deposito presso la Casa Comunale, bensì quello presso gli uffici della Camera di Commercio. In tal modo la notifica si considererà effettuata in modo regolare e si presumerà che il contribuente abbia ricevuto la comunicazione in questione.
Ecco perché sarà bene che professionisti, ditte individuali e società verifichino bene, entro il prossimo 1° giugno, che il proprio indirizzo risultante dal registro Ini-Pec sia quello effettivamente utilizzato; diversamente rischieranno di subire notifiche (con deposito alla Camera di Commercio) senza esserne effettivamente a conoscenza.
La verifica potrà essere effettuata al seguente indirizzo web:https://www.inipec.gov.it/cerca-pec.
La legge infatti prevede che qualora l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulti valido e attivo o qualora la casella di posta elettronica risulti satura anche dopo un secondo tentativo di notifica – da effettuarsi da parte dell’Agente per la riscossione decorsi almeno quindici giorni dal primo invio – la notificazione debba eseguirsi, mediante deposito dell’atto presso gli uffici della Camera di commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima e, al contempo dandone notizia allo stesso destinatario per raccomandata a/r.
Per le persone fisiche intestatarie di una casella di posta elettronica certificata, che ne facciano comunque espressa richiesta, la notifica è eseguita esclusivamente all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta stessa, ovvero a quello successivamente comunicato all’Agente della riscossione all’indirizzo di posta elettronica risultante dall’indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni.


Equitalia, notifiche digitali con email certificata (PEC)


Per imprese e professionisti non saranno previsti altri metodi di notifica delle cartelle esattoriali, da parte di Equitalia, all’infuori della posta elettronica certificata. 


Il nuovo sistema di comunicazione dei debiti tributari attraverso PEC, attualmente in fase di “rodaggio”, diventerà definitivo a partire dal 1° giugno 2016. In questo modo si avrà un doppio binario per le notifiche:
– le cartelle esattoriali indirizzate a imprese individuali o società, nonché a professionisti iscritti in Albi o elenchi, avverranno esclusivamente con modalità telematiche, ossia con la posta elettronica certificata indicata, rispettivamente, all’atto di iscrizione dell’impresa nella Camera di Commercio o al relativo ordine di appartenenza;
– le cartelle esattoriali indirizzate alle persone fisiche continueranno ad essere inviate in forma cartacea tramite postino (con il servizio di Poste Italiane) o con notifica a mano del messo comunale. Tuttavia, sarà facoltà del contribuente richiedere (in modo espresso) la notifica a mezzo PEC indicando il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.
Equitalia acquisirà gli indirizzi di posta elettronica certificata di imprese e professionisti mediante consultazione dell’Indice nazionale degli indirizzi di Posta elettronica certificata (cosiddetto Registro Ini-Pec) [1]. Per agevolarne il reperimento, è previsto che all’Agente della riscossione sia consentita la consultazione telematica del Registro e l’estrazione, anche in forma massiva, degli indirizzi di PEC ivi presenti.
Che succede se l’indirizzo PEC non sarà valido o attivo?
In tal caso la notificazione deve eseguirsi, mediante deposito dell’atto presso gli uffici della Camera di commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima, dandone notizia allo stesso destinatario per raccomandata con avviso di ricevimento, senza ulteriori adempimenti a carico dell’agente della riscossione.
A questo punto è molto importante che professionisti e imprese controllino che il proprio indirizzo risultante sul registro Ini-Pec sia quello effettivamente utilizzato, altrimenti potrebbero non venire mai a conoscenza della notifica. La verifica potrà essere effettuata al seguente indirizzo web:https://www.inipec.gov.it/cerca-pec.
Che succede se la cartella di posta elettronica è piena e l’email viene rifiutata?
Se la casella di posta elettronica non è stata svuotata dal suo titolare e, quindi, risultando “piena” non accetterà ulteriori comunicazioni, Equitalia effettuerà un successivo tentativo di invio entro 15 giorni dal primo e, dopo, depositerà l’atto presso gli uffici della Camera di Commercio. Di tale deposito sarà data comunicazione al contribuente attraverso
– pubblicazione dell’avviso sul sito della relativa Camera di Commercio
– invio di una raccomandata a.r.
Che succede se il destinatario non apre o non scarica l’indirizzo di posta elettronica?
La notifica si considererà ugualmente eseguita. I termini per un eventuale ricorso decorreranno non dalla data di apertura dell’email da parte del destinatario, ma da quella in cui il mittente avrà avuto la comunicazione – da parte del gestore dell’indirizzo di posta elettronica certificata – dell’avvenuta consegna del messaggio nella casella del destinatario (di norma l’email viene recapitata pochi secondi dopo l’invio).
Ecco perché sarà necessario acquisire l’abitudine di aprire la propria casella PEC almeno una volta al giorno, sincronizzandola con il proprio ordinario client di posta elettronica.
Per quel che attiene i privati – persone fisiche, a differenza di quanto previsto per imprese e professionisti la notifica è eseguita esclusivamente con tali modalità all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta di ricevere per via telematica l’atto, ovvero a quello successivamente comunicato all’Agente della riscossione all’indirizzo di posta elettronica risultante dall’indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni.
[1] Art. 6 bis del Codice dell’amministrazione digitale (Cad).


mercoledì 9 dicembre 2015

Impugnazione cartella Equitalia senza notifica dell’atto presupposto

In caso di impugnazione della cartella di pagamento per omessa notifica dell’atto presupposto spetta ad Equitalia citare in giudizio l’ente titolare del credito. È quanto chiarito dalla Commissione Tributaria di Enna con una recente sentenza [1].

Se il contribuente impugna la cartella di pagamento notificatagli da Equitalia deducendo di non aver mai ricevuto, prima d’allora, alcun atto da parte dell’ente titolare del credito (cosiddetto atto presupposto) – quello cioè contenente il vero e proprio accertamento con l’obbligo al pagamento – allora potrà limitarsi a presentare ricorso contro l’Agente della riscossione. Secondo infatti la sentenza in commento, che a riguardo si è uniformata a un principio di diritto di unanime giurisprudenza della Cassazione, nelle ipotesi in cui venga impugnato un atto proprio di Equitalia facendo valere anche vizi relativi all’attività dell’ente impositore cui l’atto impugnato si collega, ricade sull’Agente della riscossione, e non sul contribuente, l’onere di chiamare in giudizio l’ente impositore [2].
Il risultato pratico è che, se Equitalia si costituisce senza chiamare in causa l’ente impositore titolare del credito (ritenendo che a farlo debba essere il ricorrente), e nello stesso tempo non dimostra la regolare notifica dell’atto presupposto – cosa pressoché impossibile, posto che le relative prove sono in possesso proprio dell’ente impositore – allora il giudice emetterà una sentenza in favore del contribuente. Non spetta, infatti, neanche al tribunale disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio e ordinare la citazione nei confronti dell’ente titolare del credito. Pertanto, tutte le conseguenze negative del giudizio ricadranno su Equitalia e su nessun altro.
In sintesi, l’esito della causa non può che essere sfavorevole a Equitalia poiché, in assenza di dimostrazione della corretta notifica dell’atto presupposto, la cartella di pagamento non può che essere ritenuta nulla.
[1] CTP Enna, sent. n. 1318/2015 del 23.10.2015.
[2] Cass. S.U. sent. n. 16412 del 25.07.2007: “La legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e no già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario”; Cass. sent. n. 21220 del 28.11.2012: “nel processo tributaria il fatto che il contribuente abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo nei cui confronti dirigere l’impugnazione, non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio”.


mercoledì 2 dicembre 2015

8 cose che Equitalia non ti pignorerà mai


Ok, diciamocelo chiaramente (anche se è politically incorrect): chi non ha nulla intestato vive sereno, non teme alcun creditore, né il postino a notificargli cartelle di Equitalia, multe o contravvenzioni. Insomma, a fare la parte degli “sfigati” un po’ ci si guadagna. E questo perché la legge del nostro Paese consente di vivere in modo normale, con un tenore di vita apprezzabile, pur senza avere – formalmente – alcun bene in proprietà. Certo, poi c’è il Fisco a cui dare spiegazioni: ma torna la regola di cui sopra. Se anche arriva l’Agenzia delle Entrate a chiederti i conti, e decide di mandarti l’esattore a casa, cosa mai ti potrà pignorare?
Ed è qui il nucleo della questione: vivere con quel “minimo vitale” sotto il quale qualsiasi pignoramento è impossibile. Anche per lo Stato.

Qual è questo minimo vitale? Un insieme di beni mobili, immobili e crediti. Abbiamo deciso dunque di elencare, in questo articolo, tutti i beni che Equitalia non potrà mai toccarti. Eccoli.
1. La prima casa
Con l’approvazione del decreto del fare dello scorso anno, Equitalia non può più pignorare la prima casa del debitore a condizione che essa sia:
– l’unico immobile in proprietà del debitore
– il debitore vi risieda anagraficamente
– l’immobile sia adibito ad uso abitativo.
2. L’ultimo emolumento dello stipendio versato in banca al lavoratore dipendente
Anche questa è una recente innovazione introdotta nel 2013 dal decreto del fare.
3. Alcuni beni mobili detti “assolutamente impignorabili”
Fermo restando che è altamente improbabile che Equitalia venga a casa vostra per un pignoramento mobiliare (leggi “Ecco perché Equitalia difficilmente pignora i beni mobili”, sappiate comunque che non potrà prelevarvi i seguenti beni: letti, tavoli da pranzo con le relative sedie, armadi guardaroba, cassettoni, frigorifero, stufe, fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, lavatrice, utensili di casa e di cucina insieme ad un mobile idoneo a contenerli. Tutti tali beni, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi, non possono essere asportati dall’ufficiale giudiziario, a condizione che non abbiano un significativo pregio artistico o di antiquariato.
Può rientrare in questa categoria anche il fermo auto, vietato nel caso di automobili utilizzate per l’attività professionale.
4. Le polizze vita
5. Le pensioni sotto il minimo vitale
Secondo la Cassazione [1], è pignorabile nei limiti del quinto la differenza tra l’importo mensile netto della pensione e il cosiddetto “minimo vitale”. Il limite della impignorabilità è di euro 525,89, importo minimo vitale per la sopravvivenza dell’individuo. Tutte le somme che eccedono tale importo sono pignorabili nella misura massima di 1/5 [2].
Contrariamente a quanto si crede, anche la pensione di invalidità civile è pignorabile, ma nei limiti appena detti [3].
6. Il 50% del conto corrente cointestato
7. La casa inserita nel fondo patrimoniale, ma a condizione che…
a. il fondo non sia stato costituito da meno di cinque anni (entro i quali è possibile la revocatoria);
b. negli altri casi, il debito tributario non sia dipeso da attività commerciale strumentale al sostentamento della famiglia (per esempio, il caso di un’azienda che è unica fonte di reddito del nucleo familiare).
8. Una somma superiore al quinto dello stipendio [2], ma a condizione che…
non la depositi in banca. Dopo tale momento, invece, la provvista è pignorabile entro i nuovi limiti stabiliti dalla riforma del processo esecutivo.

[1] Cass. sent. n. 18755/2013.
[2] Con i nuovi limiti di pignoramento, il tetto pignorabile è 1/10 per importi tra 0 e 2.500 euro e di 1/7 per importi tra 2.5001 a 5.000 euro.
[3] C. Cost. sent. n. 506/2002.