Avviso di accertamento nullo se prima di 60 giorni dalla verifica
L’avviso di accertamento emesso prima dei 60 giorni dal termine della
verifica fiscale (ossia dal verbale di rilascio di chiusura della verifica
presso il contribuente) è illegittimo perché privo del requisito dell’urgenza;
non rileva che al contribuente sia stato notificato un PVC (processo verbale di
constatazione) prima dell’avviso impugnato. È quanto chiarito dalla Cassazione
in una recente sentenza [1].
Cos’è il PVC
Il PVC (processo verbale di contestazione) è l’atto con cui, in caso di
verifica fiscale presso la sede del contribuente, si conclude l’attività di
controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza; si
tratta, in pratica, della consegna di un verbale in cui vengono indicate le
eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti.
Tale atto non è impugnabile, poiché il contribuente, per agire in giudizio,
deve attendere il successivo accertamento.
Il contribuente a cui sia stato notificato un processo verbale di
constatazione relativo a violazioni in materia di imposte sui redditi e di IVA
può accelerare la definizione della contesa attraverso l’istituto dell’adesione
al processo verbale di constatazione.
La legge [2] stabilisce che: “…dopo il rilascio della copia del processo
verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il
contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono
valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere
emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e
motivata urgenza”.
Il rispetto del termine dei 60 giorni è necessario per consentire al
contribuente di presentare osservazioni.
Sulla questione si sono espresse diverse sentenze, non tutte di segno
uguale. In ogni caso la giurisprudenza maggioritaria ritiene nullo l’avviso di
accertamento emesso prima dei sessanta giorni dalla fine della verifica, da
parte dell’amministrazione finanziaria.
Per la Corte di Cassazione il conteggio inizia dal giorno di consegna del
verbale di ispezione e non da quello successivo del Processo verbale di
contestazione (PVC): per i giudici di legittimità, infatti, il verbale di
accesso equivale ad un PVC.
La nullità dell’accertamento fiscale, però, non si verifica se l’Agenzia
delle Entrate dimostra, anche nel corso del giudizio, che sono presenti ragioni
di “particolare e motivata” urgenza, che, secondo alcune sentenze, possono
consistere nell’imminenza del decorso dei termini di decadenza.
LA SENTENZA
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 29 aprile – 18 novembre
2015, n. 23547
Presidente Cappabianca – Relatore La Torre
Svolgimento del processo
La società L sas di MG, incorporata della M s.r.l., ricorre con quattro
motivi per la cassazione della sentenza della CTR della Sicilia n. 32/19/09
dep. 26/1/2009 che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto
l’appello dell’Ufficio in relazione all’avviso di recupero di credito d’imposta
per incremento occupazionale (ex art. 7 J, 388/2000}, emesso in esito a
verifica presso i locali dell’azienda del contribuente, ritenendo legittimo e
adeguatamente motivato l’atto impugnato. La CTR ha statuito in particolare: che
l’inosservanza del termine di 60 giorni dal rilascio della copia del processo
verbale dì chiusura delle operazioni di verifica per la notifica dell’avviso di
accertamento, previsto daffari. 12 della I. 212/2000) di 60gg, non può
comportarne l’annullamento da parte del Giudice, non essendo prevista tale
sanzione dal citato art. 12, e stante la tassatìvità delle cause di nullità;
che non ha rilievo l’omessa allegazione del PVC, essendo stato notificato prima
dell’emissione dell’accertamento impugnato.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate che chiede il rigetto del
ricorso perché inammissibile e infondato.
Motivi della decisione
1. Deve essere esaminato per primo, in quanto logicamente prioritario, il
secondo motivo del ricorso, col quale si deduce violazione e falsa applicazione
degli artt. 7 e 12 co. 7 della L. 212/2000; degli artt. 3 e 21 septies della L.
241/90 (nonché degli artt. 24 e 97 Cost.), in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c., per violazione del termine di 60gg. dalla notifica del pvc della
notifica dell’atto di accertamento, privo della specificazione dei motivi di
urgenza.
2. Il motivo è fondato.
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche
fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, è stato interpretato
(Cass. S.U. n. 18184 del 29/07/2013) nel senso che l’inosservanza del termine
dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di recupero di
credito d’imposta (cui va estesa la disciplina procedimentale fissata da tale
disposizione con specifico riferimento all’avviso di accertamento: cfr. Cass.
n. 19561/2014) – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui
confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei
locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia
del processo verbale di chiusura dette operazioni – determina di per sé,
salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto
impositivo emesso ante tempus.
Manca nel caso di specie sia l’enunciazione sia la prova dei motivi di
urgenza che avrebbero consentito la notifica del recupero del credito d’imposta
prima dei sessanta giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica, non
essendo sufficiente, come affermato dalla CTR, che il PVC fosse noto al
contribuente in quanto notificato prima dell’avviso impugnato. Detto termine è
infatti posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio
procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi di buona
fede e collaborazione tra amministrazione e contribuente ed è diretto al
migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio
invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di
urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva
assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui
ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve
essere provata dall’Ufficio (Cass. S.U. n. 18184/2013 cit,).
3. L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo, col
quale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 329 comma 2
c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c,, per avere la CTR rigettato
l’eccezione di passaggio in giudicato della sentenza della CTR in relazione al
capo autonomo sulla illegittimità dell’avviso di recupero di credito d’imposta
per omessa motivazione dell’urgenza di cui all’art. 12, co, 7 I. 212/2000; e del
terzo, col quale si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 6, co, 5 I.
212/2000, per mancata pronuncia della CTR sulla nullità dell’accertamento; e
del quarto, col quale sì deduce violazione di legge per la mancata allegazione
del pvc all’atto impugnato, con conseguente difetto di motivazione
dell’accertamento.
4. Conclusivamente il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata
e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va
decisa nel merito (ex art. 384, co. 2 c.p.c.}, con l’accoglimento del ricorso
introduttivo della società contribuente. Tenuto conto che l’orientamento
giurisprudenziale indicato è emerso solo successivamente alla proposizione del
ricorso, le spese vanno compensate.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo dei ricorso, assorbiti gli altri; cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo
della società contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
[1] Cass. sent. n. 23547/2015 del 18.11.2015.
[2] Art. 12, legge n. 212/2000, co. 7.